GABRIELLA BENEDINI. La nube di Magellano
a cura di Giovanna Rui

1 – 30 luglio 2006

LA MARRANA arteambientale
Montemarcello, località Marrana – 19030 Ameglia (La Spezia)

www.lamarrana.it
info@lamarrana.it

Informazioni:
Casa Bolongaro, Località La Marrana, Montemarcello, Ameglia (SP) tel. 0187.600158

Si ripresenta quest’anno nel parco di Grazia e Gianni Bolongaro in località La Marrana di Montemarcello, Ameglia (SP), uno degli appuntamenti di arte ambientale più significativi dell’estate italiana. Ormai lungo è l’elenco degli artisti che sono intervenuti nel parco nelle estati scorse e di cui si trovano loro opere. Tra loro: Hossein Golba (1997), Kengiro Azuma (1998), Luigi Mainolfi (1999), Philip Rantzer (2000), Mario Airò e vedovamazzei (2001), Maria Magdalena Campos-Pons (2003), Joseph Kosuth e Jannis Kounellis (2004), Jan Fabre e Ottonella Mocellin & Nicola Pellegrini (2005), Ettore Spalletti (2006).

L’estate 2006 è anche l’occasione per ammirare l’opera La Nube di Magellano di Gabriella Benedini da poco installata nel parco.

L’opera di Benedini intende - annota lei stessa – “collegare il tema della navigazione da sempre presente nel mio lavoro, con quello della ricerca e della scoperta che non è più conquista geografica ma è disvelamento di senso che si raggiunge quando intuizioni, immaginazioni e relazioni si armonizzano e si compongono.” E così spiega il titolo della sua opera: “Sulla sommità della collina di Montemarcello il cielo è immenso ma non si vede la Croce del Sud , questa sta dall’altra parte del cielo insieme alla costellazione del Pavone, della Corona australe, di Antares, del Triangolo australe e anche della Nube di Magellano. Quest’ultima costellazione deve aver seguito a lungo dall’alto dei cieli la navigazione perigliosa di Ferdinando Magellano che pregando “ Todos Los Santos” cercava un passaggio che gli permettesse di raggiungere le sospirate Indie.”
Ed ecco, nei particolari, le varie parti dell’intervento: “Ho posato sulla base circolare che copre una piccola piscina una mia “Arpa Solare”, si tratta di una scultura in resina bianca che ricorda il frammento di una barca nel cui corpo concavo è conficcata un’asta di ferro che a seconda della posizione del sole sposta la propria ombra attorno. Sul terreno della vasta piazzola recintata da siepi sono indicati i nomi delle costellazioni con scritte e grafici che suggeriscono la mappa della volta stellare antartica, sulla stessa superficie sono posati frammenti della stessa Arpa Solare che affiorano come reperti di una fortunosa navigazione.”
Un’opera quindi che risponde alla sensibilità dell’artista e declina con estrema coerenza i temi e le suggestioni della sua ricerca, che qui, dove risuona l’eco del mare, trova un contesto quanto mai consono e adeguato.
Un’opera – sottolinea Giovanna Riu – nella quale “poesia privata e poesia dell’intelli-genza” stanno in equilibrio felicemente instabile; gli esiti emozionali irrompono a lievitare la sostanza del suo operare artistico, eludendo il rischio di astrazione oltre il lecito. Le forme, rianimate per altro destino, rimandano l’eco della realtà da cui provengono.”

Gabriella Benedini. Nota biografica
Nasce a Cremona nel 1932 , si diploma presso l’Istituto Paolo Toschi di Parma e in seguito frequenta l’Accademia di Brera. Soggiorna a Parigi dal 1958 al 1960 dove tiene mostre personali e collettive.
Rientra a Milano e attraverso l’artista Bepi Romagnoni entra in contatto con la Galleria Bergamini che organizza nel maggio del 1962 la sua prima personale in Italia , curata da C. Munari.
La sua continua ricerca è alimentata anche da numerosi e significativi viaggi in Africa, in Asia, in America, dove situazioni e luoghi le hanno trasmesso suggestioni e impulsi ad elaborare immagini e forme primarie, riconoscibili nel successivo percorso artistico.
Abbandona progressivamente la ricerca pittorica ed attraversa molte esperienze con linguaggi diversi tra i quali quello cinematografico : realizza infatti nel 1972 due Super Otto : “Doprenoi” e “Diutop”.
Nel 1977 è tra le fondatrici del “Gruppo Metamorfosi” col quale espone in Italia e all’estero per un periodo durato circa un decennio.
Fino dall’inizio degli anni ottanta la sua indagine si sposta verso la scultura. Nascono le “Storie della terra-Mutazioni” , i “Teatri della Malinconia”, i “Pendoli del Tempo”, i “Goniometri”, i “Sestanti”, le “Costellazioni”.
Forme e materiali diversi si estendono sempre più nello spazio creando installazioni quali “ Il Teatro Chimico di Novembre “(1984), il “Teatro di Persefone” (1985), le “Arpe” (dal 1993), le “Navigazioni” (dal 1996) e più recentemente le “Vele”.
Ha inoltre prodotto nell’arco di dieci anni numerosi libri d’ Artista polimaterici tutti documentati in tre differenti cataloghi.
Tra le mostre più importanti negli spazi pubblici si ricordano quelle tenute al Centro Attività Visive di Palazzo dei Diamanti di Ferrara (1972) a cura di Franco Farina, alla Pinacoteca Civica di Como (1993) a cura di Luigi Cavadini, alla Torre del Lebbroso (1995) ad Aosta a cura di Luciano Caramel e Janus, a Palazzo Racani Arroni di Spoleto (1997) a cura di Martina Corgnati, in Palazzo Patrizi a Siena (2001) a cura di Marco Meneguzzo, nel nuovo spazio museale “Le Carceri” di Asiago (2004) a cura di Sandro Parmiggiani, all’Arsenale Militare e al Conservatorio Musicale di La Spezia, in concomitanza con una rassegna alla Fortezza Firmafede di Sarzana (2005) a cura di Giovanna Riu e su organizzazione de La Marrana, in Palazzo Magnani a Reggio Emilia (2006) a cura di Sandro Parmiggiani.