VITTORE GRUBICY DE DRAGON.
Poeta del Divisionismo (1851 – 1920)
Verbania Pallanza, Palazzo Biumi Innocenti, salita Biumi 6
16 aprile – 26 giugno 2005

A dieci anni di distanza dalla pubblicazione del catalogo generale ragionato di Vittore Grubicy De Dragon curato da Sergio Rebora, il Museo del Paesaggio di Verbania affronta in una rassegna retrospettiva monografica l’attività artistica del grande pittore, critico e mercante lombardo.

La mostra si articola su un itinerario di circa sessanta opere rappresentative dell’intero arco dell’attività dell’artista. Nella definizione del percorso della mostra è stato privilegiato il tema del paesaggio, intorno al quale il pittore ha incentrato le proprie ricerche, individuando alcuni nuclei iconografici corrispondenti all’interpretazione dei luoghi, in prevalenza alpestri e lacustri, presso cui Grubicy ha soggiornato e dipinto. La sezione centrale della mostra è dedicata a Miazzina, la località affacciata sul Lago Maggiore situata sulle alture prospicienti Verbania, dove, come si è detto, l’artista visse e operò negli anni Novanta dell’Ottocento, realizzando in loco alcune tra le sue visioni paesaggistiche più intense e significative. La presenza di Grubicy nel Verbano ha lasciato segni incisivi e in particolare anche nelle vicende inerenti alla fondazione dello stesso Museo del Paesaggio, che il generoso artista e intellettuale ambrosiano incoraggiò e di cui incrementò le raccolte mediante il dono di un suo importante dipinto, Il cimitero di Ganna (1895).

L’iniziativa rientra nell’ambito del programma di studio e rivisitazione di alcuni tra i principali protagonisti delle arti in Italia nel diciannovesimo e nel ventesimo secolo, avviato dal Museo del Paesaggio da ormai vent’anni e realizzato con l’apporto di studiosi e specialisti degli argomenti e dei personaggi di volta in volta affrontati e con la collaborazione di numerosi enti ed istituzioni museali.

La selezione delle opere presenti in mostra è stata effettuata valendosi del cospicuo patrimonio artistico relativo all’artista conservato presso musei e collezioni private. Tra le gallerie pubbliche invitate a collaborare si ricordano la Galleria d’Arte Moderna di Milano, l’Accademia Carrara di Bergamo, i Musei Civici di Pavia, la Galleria d’Arte Moderna di Firenze, il Museo Civico G. Fattori di Livorno, la Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Venezia, la Galleria Civica di Bellinzona, il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano, il Museo Civico di Lodi. Tra i collezionisti privati sono stati privilegiati i discendenti dei committenti originari dell’artista, residenti in prevalenza sul territorio lombardo.

La rassegna, curata da Sergio Rebora, massimo conoscitore dell’artista, è presentata nelle sale di Palazzo Biumi Innocenti, sede del Museo del Paesaggio, e resterà aperta al pubblico dal 16 aprile al 26 giugno 2005.

Vittore Grubicy De Dragon
Sostenitore e interprete egli stesso del divisionismo in Italia, Grubicy è l’ultimo dei “maestri della prima generazione” del divisionismo (Giovanni Segantini, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Gaetano Previati, Angelo Morbelli, Emilio Longoni, Plinio Nomellini) a essere indagato a fondo in una rassegna retrospettiva. Gli studi più recenti, soprattutto dopo l’uscita del catalogo ragionato, le cui argomentazioni sono sorrette da una ricostruzione filologica accurata e capillare, hanno ulteriormente evidenziato l’apporto peculiare della pittura di Grubicy, anche in rapporto alle problematiche del simbolismo internazionale. In questa ottica l’opera dell’artista è stata spesso annoverata nell’ambito di grandi mostre, quale ad esempio la recente “Italie 1880-1910. Arte alla prova della modernità”, curata da Gianna Piantoni presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (2000-2001).
Appartenente a una famiglia aristocratica magiaro-lombarda aperta agli stimoli culturali del suo tempo, Vittore Grubicy, nato in Milano nel 1851, ebbe una formazione umanistica. Dal 1870 si dedicò al commercio di opere d’arte compiendo periodici soggiorni a Londra, Parigi e Anversa, visitando esposizioni di belle arti pubbliche e private. Parallelamente collaborava con la Galleria Pedro Nessi & C. di Milano, di cui nel 1876 divenne titolare insieme al fratello Alberto, intermediatore edile e finanziario. Inizialmente i fratelli Grubicy erano rivolti alla valorizzazione di esponenti della Scapigliatura, come Tranquillo Cremona e Daniele Ranzoni, Eugenio Gignous, senza trascurare maestri dal mercato consolidato, come Mosè Bianchi e Giacomo Favretto. In seguito promossero la divulgazione di artisti giovani e poco conosciuti, innanzitutto Giovanni Segantini ed Emilio Longoni, ma anche Aneglo Morbelli e Achille Tominetti, stringendo con alcuni di loro veri e propri contratti e indirizzandoli anche nelle scelte tematiche e formali. Vittore intanto continuava a viaggiare all’estero, soggiornando frequentemente tra il 1882 e il 1885 in Olanda, dove era in contatto con gli esponenti della cosiddetta scuola dell’Aja, come Isaac Israel, Hendrik Willem Mesdag e soprattutto Anton Mauve, che nel 1884 lo iniziò alla pittura.
Tornato in Italia, continuò a dipingere in autonomia, dapprima con un approccio dilettantesco, abbandonato progressivamente per una professionalità sempre più sicura, muovendosi nell’ambito di un paesaggismo lirico di lontana ascendenza naturalista. Nel 1889, in seguito a contrasti di carattere economico e familiare, Grubicy interruppe la collaborazione con il fratello, che restò il solo titolare della galleria; intensificò da allora la sua già impegnativa attività di pubblicista, scrivendo articoli e recensioni per “La Riforma”, “La Cronaca d’Arte”, “L’Idea Liberale”. Nello stesso anno presentò per la prima volta la sua produzione pittorica a un’esposizione pubblica, prendendo parte alle rassegne della Società Permanente, della Famiglia Artistica fino al 1899 e alle Triennali di Brera; successivamente non mancò mai alle Biennali veneziane. Tra il 1891 e il 1898 trascorse i mesi invernali a Miazzina, in un isolamento operoso finalizzato alla realizzazione di un ciclo di opere di respiro panteista e definitivo intitolato “L’inverno in montagna”, culminato nel polittico in otto tele ora alla Galleria d’Arte Moderna di Milano.
Dopo il 1898, colpito da una grave nevrosi, non realizzò nuovi dipinti, ad eccezione di alcuni ritratti post mortem sollecitati da amici quali Arturo Toscanini, dedicandosi invece alla reintrepretazione in chiave divisionista delle opere eseguite in precedenza, in un processo di rivisitazione emozionale di luoghi e momenti già vissuti. Negli ultimi anni di vita fu una presenza incisiva sulla scena culturale milanese, incoraggiando e stimolando i giovani artisti, a cominciare da Benvenuto Benvenuti, che ne sarebbe divenuto l’erede e il prosecutore dell’opera. Morì a Milano nel 1920.